Julia Page

Il dito e la luna. Considerazioni su Green Pass, libertà e prospettiva

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Dai No Mask di settembre e No Lockdown di novembre, ai IoApro di aprile e No Green Pass di luglio: continuità e discontinuità si alternano nelle mobilitazioni e nelle piazze intorno cui impazza un furioso dibattito, che vede il fronte del Sì e quello del No confrontarsi intorno allo spinoso tema della “libertà”. Ma è proprio seguendole nella loro processualità e osservandole dall’interno, tutte queste piazze, che viene da chiedersi: di che libertà stiamo parlando? Di quale composizione è espressione? Che spazi di ambivalenza sono (ancora) presenti? E soprattutto: vale la pena continuare a parlare di Green Pass mentre il capitale ha già iniziato a ristrutturarsi e riorganizzarsi in avanti? Un articolo di Julia Page affronta la questione sul terreno dell’inchiesta e della prospettiva militante.

Ho letto «La valle oscura» e adesso odio i trentenni

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Recensione a Anna Wiener, «La valle oscura» (Adelphi Edizioni 2020). Di Julia Page.
Del libro di Anna Wiener La valle oscura (Adelphi, 2020) si è parlato tanto e soprattutto si è parlato male. Ma si sa: di un libro o di un film non ci è mai interessato analizzare la trama o le scelte stilistiche, quanto gli spunti e le suggestioni. E in questo senso, il libro di Anna Wiener ci parla di identità, di nodi irrisolti nella questione di genere, di aspirazioni altoborghesi e del fallimento della formazione umanistica. In una parola, ci parla dei trentenni (poco più, poco meno). E leggendolo viene spontaneo chiedersi: come siamo finiti, dopo svariate lauree e master strapagati, a guardare serie tv in angusti bilocali, mangiando sushi che non possiamo permetterci e evitando l’ennesima telefonata preoccupata di mamma che ci chiede quand’è che troveremo il nostro posto nel mondo?

La crisi smascherata. Reportage dalla piazza No Mask

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Reportage di Julia Page dalla manifestazione No Mask tenuta a Roma il 5 settembre
Da qualche tempo sembrerebbe essere tornato in voga un vecchio adagio, per cui bisognerebbe «fare quel che si dice, dire quel che si fa». Fedeli a questo assunto, abbiamo pensato che convenire sull’avvento di una nuova composizione di riferimento – le famose piazze «spurie», che sempre di più trovano la loro genesi nel declassamento e nella conseguente crisi di mediazione del cosiddetto ceto medio – per poi etichettare a priori (leggi: senza nemmeno avventurarsi in una di queste piazze) i movimenti in ascesa come «imbecilli», «pazzi» o «reazionari», sarebbe da considerare un’operazione se non problematica, quantomeno inutile.