I giovani non sono nichilisti
Il discorso pubblico che nella pandemia ha contribuito a produrre un’immagine della composizione giovanile associa generalmente i giovani a forme di malessere psicologico ed esistenziale. Senza negare l’impatto psicopatologico che il virus e la sua gestione hanno avuto su di loro, se vogliamo attribuire un valore politico alla questione generazionale non possiamo accontentarci di questa “banale” considerazione sociologica. Dobbiamo invece iniziare a tratteggiare i profili, al plurale perché quella dei giovani è una composizione fortemente stratificata, della soggettività giovanile per individuare le potenziali linee di conflitto. Tuttavia nei confronti dei giovani scontiamo una lacuna analitica che è anche e soprattutto il riflesso di una lacuna organizzativa e viceversa. Lo scopo di questa intervista a Marco Rizzo, militante e insegnante nelle scuole di secondo grado, è quindi quello di inaugurare uno spazio di riflessione sulla composizione giovanile capace di spezzare questo circolo vizioso tra mancanza di analisi e assenza di intervento. A questa intervista seguiranno altri materiali prodotti per lo più da “osservatori privilegiati” capaci di ragionare, come fa bene qui Marco Rizzo, sulle forme di politicità implicita dei giovani, sulle ambivalenze dei loro comportamenti e quindi di tratteggiare delle ipotesi di lavoro politico. L’assenza di una presa di parola soggettiva da parte dei giovani potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Tuttavia, sebbene sia sempre importante dare spazio alla voce dei soggetti, in fase di elaborazione delle ipotesi di lavoro è altrettanto rilevante lasciare spazio a chi riesce a produrre forme di astrazione a partire da una diretta osservazione.