Kisan. Intervista sul movimento contadino in India

Da oltre quattro mesi, mezzo milione di contadini e braccianti hanno messo Nuova Delhi sotto assedio. Protestano contro tre nuove leggi che vogliono ristrutturare il settore agricolo, proletarizzare milioni di piccoli proprietari terrieri e mettere l'agricoltura sotto il controllo diretto delle multinazionali. Ne abbiamo parlato con tre compagni provenienti da diverse zone dell’India, non tanto per interesse intellettuale o per una solidarietà astratta ma per ragioni direttamente politiche. Per quanto possa essere diverso il contesto, il movimento offre una serie di spunti come la proletarizzazione del ceto medio e le proteste «spurie» contenenti differenti interessi di classe, che riguardano anche noi in Europa. In particolare ci interessa il fatto che l’Italia sia la prima destinazione nell’UE dell’emigrazione dal Punjab, lo Stato dell’India che ha fatto da origine e perno di questo movimento. Negli ultimi mesi in Italia si sono viste infatti diverse piccole mobilitazioni da parte di Punjabi di prima e seconda generazione, fatto di non poca importanza visto che i Punjabi formano una forza lavoro razzializzata all’interno di certe industrie chiave dell’agroalimentare (si stima ad esempio che il 60% degli operai dell’industria casearia che in Emilia produce il parmigiano siano di questa estrazione). Speriamo quindi che questa intervista possa contribuire non solo a fornire un’immagine delle ristrutturazioni in atto nell’agricoltura mondiale, ma anche a una comprensione della soggettività politica di una fetta importante della composizione di classe italiana.
Anumeha Yadav è una giornalista di Delhi e ha coperto le proteste contadine; Jasdeep Singh è un programmatore, traduttore e sceneggiatore residente a Chandigarh, nonché editore del «Trolley Times», rivista nata nelle proteste contadine; Nayan Jyoti è un attivista sindacale e ricercatore attivo nello Stato di Haryana.
Achille
Negli ultimi mesi i contadini del Punjab si stanno battendo contro tre nuove leggi che vogliono smantellare il sistema dei prezzi controllati nei mercati pubblici in cui i contadini vendono i loro prodotti. Puoi spiegarci di cosa si tratta e cosa prevedono queste leggi?
Anumeha
La prima legge interessa il mercato agricolo, la seconda i contratti tra aziende e produttori, la terza i prezzi dei beni alimentari essenziali.
La prima legge ha sostanzialmente avviato la deregolamentazione dei mercati. Al momento circa il 30-35 percento di tutti i prodotti agricoli passa attraverso questi mercati regolamentati dallo Stato – i cosiddetti mandis – che fissano un prezzo minimo per i prodotti. Qui gli agricoltori sono maggiormente tutelati, nella negoziazione conacquirenti e commercianti, rispetto a un mercato completamente libero. Il mandi è anche il luogo in cui il governo acquista alcune colture al “prezzo minimo di sostegno” (MSP, Minimum Support Price [N.d.T.]). Anche se il governo non ha esplicitamente affermato di voler eliminare l’MSP, quando questi mercati fisici diventeranno meno rilevanti, anche l'MSP potrebbe presto essere eliminato.
La seconda legge riguarda i contratti agrari. Si fa menzione di accordi scritti tra produttori e acquirenti, ma, allo stesso tempo, questi accordi scritti non vengono in alcun modo resi obbligatori, una contraddizione su cui i contadini stanno mettendo l’accento . Alcune multinazionali, come ad esempio Pepsi, comprano già direttamente dai contadini, tuttavia, la nuova legge introduce norme più favorevoli per le aziende. Entrambe le leggi stabiliscono che in caso di controversia, il contadino non potrà fare riferimento a un codice legislativo, né tantomeno portare l'azienda in tribunale. Dovrà invece rivolgersi ai funzionari distrettuali, che con ogni probabilità favoriranno le multinazionali.
La terza legge deregolamenta i prezzi degli alimenti considerati essenziali, come legumi, riso, farina, ecc. – nella cui produzione questa regione è stata specializzata dai tempi della Rivoluzione verde. Stabilisce che il governo non può intervenire sulla regolamentazione dei prezzi finché questi non siano aumentati del 50 percento in una categoria di colture, e del 100 percento in altre. Permetterà inoltre alle imprese di immagazzinare questi raccolti senza limiti.
Achille
Avete menzionato la Rivoluzione verde, che è stata essenziale per la creazione di un settore agricolo capitalista capace di fornire le merci di consumo alimentare, ma che ha anche svolto un ruolo di gestione politica in risposta ai movimenti di classe. Potete parlare un po’ di questa storia?
Jasdeep
La Rivoluzione verde è stata un progetto a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Prima eravamo sotto il dominio degli inglesi, che promuovevano le colture commerciali da cui potevano trarre maggior vantaggio, come l'indaco, il cotone, l'oppio e tutte quelle coltivazioni di cui avevano bisogno sul mercato globale. Questo meccanismo estrattivo aveva impoverito gran parte dell'India e delle altre colonie. Quando gli inglesi sono andati via, hanno lasciato il Paese in una situazione di vera e propria carestia: per questo motivo, l’autosufficienza dell’India era prioritaria. Per raggiungere questo obiettivo fu accolta una proposta del governo americano, e fu sperimentata l'introduzione in India di colture ad alto rendimento. Fu scelta un'area molto fertile, che era adatta a quel tipo di esperimento – ovvero gli attuali Punjab e Haryana. Le politiche agricole americane includevano l'introduzione di semi ibridi, di nuovi fertilizzanti e la meccanizzazione con i trattori, oltre ad altre cose, tutte introdotte con l’ausilio della PAU (Punjab Agricultural University - NdR). Per incentivare la produzione di grano e riso, è stato stabilito un “prezzo minimo di sostegno” (MSP) per queste colture. E’ stata anche istituita la Food Corporation of India (FCI), che comprava da questa regione al prezzo minimo e. in queste due regioni, lo Stato ha investito in infrastrutture che hanno permesso lo sviluppo locale, strade e via dicendo. I mandis hanno dei commissionari che pagano le tasse, e così quei mercati incarnano un intero ecosistema e una rete ben oliata di manodopera. I contadini hanno i loro sindacati che lottano per ottenere gli indennizzi quando c'è un cattivo raccolto o quando ci sono altri problemi.
Con la Rivoluzione verde, l'India ha raggiunto l'autosufficienza alimentare ma la qualità del suolo si è notevolmente deteriorata. E’ stato quindi necessario ricorrere sempre più a fertilizzanti e pesticidi. E anche i livelli idrometrici si sono abbassati. Così, anche se l'MSP ha fatto sì che gli agricoltori del nord-ovest dell'India stessero meglio degli agricoltori nel resto del paese, ha anche prodotto pesanti danni ecologici. Da vent’anni ormai, quel sistema ha dimostrato il suo fallimento.. Sono anche aumentati i tassi di suicidio tra i piccoli agricoltori, che non riescono a reggere i ritmi di questo modello economico.
Anumeha
Più che un’iniziativa umanitaria, la Rivoluzione verde è stata parzialmente introdotta dagli Stati Uniti nel contesto della guerra fredda, per evitare che alcuni paesi si avvicinassero all'URSS. In quel momento in India c'era una spinta interna per le riforme agrarie: invece di seguire la strada della ridistribuzione delle terre, gli Stati Uniti crearono un consiglio internazionale per l'agricoltura, avendo le Filippine, il Messico e l’India come obiettivi principali. L’Indian National Congress [il partito politico di ispirazione socialdemocratica che ha governato l’India postcoloniale fino alla vittoria del BJP nel 2014 - NdR] aveva tra la sua base anche i proprietari terrieri, e per questo seguì questo piano invece di ridistribuire le terre ai contadini. Quindi, quando parliamo della Food Corporation of India, dovremmo chiederci: come è nato quel sistema attraverso il quale il governo indiano riesce a distribuire cereali al 67 percento della popolazione? Cinque chili di riso a settimana ad un prezzo molto basso, circa 20 rupie (che equivalgono, più o meno, a un terzo di un dollaro), sostengono la popolazione lavoratrice e le loro famiglie. Si procurano riso e grano in quantità enormi, li immagazzinano e poi li distribuiscono alle famiglie dei lavoratori attraverso i punti vendita e nei villaggi.
Nayan
Negli anni Sessanta anche nel Bihar, nel Bengala occidentale e nel Punjab ci furono grandi lotte per la terra. Queste lotte che si stavano diffondendo dovevano essere contenute sul piano politico, sociale ed economico. Per questo, invece di adottare una politica agraria progressista in cui la terra sarebbe stata redistribuita, furono introdotti semi ad alto rendimento per creare beni di consumo alimentare più economici per la classe lavoratrice. Così questo meccanismo si è presto trasformato in una forma di controllo politico – insieme alla repressione, ovviamente.
Achille
Il movimento attuale si sta articolando su una scala inedita, davvero difficile da immaginare - sono ormai passati quattro mesi da quando i contadini hanno iniziato ad occupare le autostrade che portano a Delhi, formando cortei permanenti lunghi una quindicina chilometri con cucine comuni autogestite. Come è stato possibile organizzarsi su tale scala?
Jasdeep
La maggior parte della storica regione del Punjab è confluita nel Pakistan, ma nella parte che si trova in India ci sono molte piccole fattorie di circa cinque acri a conduzione familiare. Dopo la Rivoluzione verde i contadini hanno iniziato a formare varie associazioni, che poi, a partire dagli anni Settanta, sono diventate prima il Sindacato del Punjab (Punjab Union) e successivamente il Sindacato dei Contadini Indiani (Indian Farmers Union), che non era allineato con nessun partito politico mainstream, ma agiva semplicemente come gruppo di pressione in difesa dei contadini. Negli anni Ottanta si è diviso in più sindacati che, da allora, hanno lavorato nel Punjab in modo molto organizzato. Ogni anno organizzano proteste per ottenere qualcosa dal governo, costringendo chi governa a prendere in considerazione le loro richieste. A giugno, dopo l'annuncio delle nuove leggi, i sindacati del Punjab hanno capito che quella normativa avrebbe, di fatto, favorito l’ingresso delle multinazionali nella gestione agricola del Paese, e, di conseguenza, la fine delle piccole fattorie. Così hanno formato una coalizione e hanno iniziato a mobilitare quasi tutte le figure professionali: non solo i contadini, ma anche i braccianti agricoli e altre comunità e imprese. Dopo aver accumulato gradualmente forza, quando a settembre le leggi sono state approvate, nello stato del Punjab hanno occupato binari ferroviari, centri commerciali e hanno aperto al traffico i caselli autostradali, . Hanno anche occupato i depositi di grano di società quali Adani (che sono amici di Modi) e Reliance (l'altra casa madre), e le pompe di benzina della Ambani. Queste proteste da settembre a novembre, hanno interessato tutto il Punjab e sono state sostenute da tutta la popolazione.
Hanno detto che non volevano invitare i politici alle proteste, ma li hanno comunque costretti a prendere posizione per altre vie. Hanno occupato la casa di un ministro del governo nazionale e l'hanno costretta a dimettersi. E anche le case dei leader del partito al governo, il BJP (Bharatiya Janata Party), benché non molto attivi in Punjab, sono state occupate, costringendo alcuni a dimettersi.
Poi la mobilitazione si è diffusa in Haryana, lo stato confinante, ed è stato lanciato un appello nazionale per uno sciopero generale a Delhi il 26 novembre. A questo punto il movimento ha spostato spontaneamente la sua base dal Punjab e dal Haryana a Delhi. La gente ha buttato giù le barricate erette dal governo di destra in Haryana ed è arrivata ai confini dello Stato di Delhi stabilendo lì la propria base operativa.
Achille
Il 26 Novembre c’è stato questo sciopero generale in India, che è stato annunciato sui giornali europei come “il più grande sciopero di sempre”, ma dal poco che ne capisco io non è davvero così. Che rapporto ha avuto lo sciopero con il movimento contadino?
Anumeha
Solitamente, quando i principali sindacati indiani annunciano il loro annuale sciopero generale producono un comunicato ufficiale che parla della partecipazione di decine di milioni di persone, ma i numeri non sono mai molto chiari. Non si capisce se considerano tutta la classe operaia, ma in realtà la classe operaia indiana è prevalentemente precaria e non fa parte di un sindacato. Durante questi “scioperi generali” in molte aree non ti accorgeresti neanche dello sciopero. Secondo alcune stime il numero di scioperi è diminuito e oggi i membri degli 11 sindacati ufficiali costituiscono meno di un quinto della forza lavoro indiana, e sono tutti concentrati in settori pubblici e formali. Questa volta, invece, quando i sindacati ufficiali hanno annunciato lo sciopero si sono uniti anche i contadini e i loro sindacati, e hanno annunciato la loro marcia su Delhi.
Il movimento dei contadini è il primo movimento di classe su larga scala che abbiamo visto nelle nostre vite, è davvero senza precedenti. Quello che siamo abituati a vedere sono le proteste dei liberali o degli studenti indiani, e la risposta della polizia non ha nulla a che vedere con quella che si è data in questi mesi. Per esempio, non esiste una delimitazione fisica del confine di Delhi, ma i paramilitari ne hanno fatto un vero e proprio confine hanno sistemato enormi tronchi, container, scavato delle trincee lungo la strada e circondato il tutto di filo spinato. I contadini sono arrivati con i loro trattori, hanno spostato i container e i tronchi, e hanno persino riempito le trincee. Davanti agli idranti che di solito la polizia usa per disperdere gli studenti, rimandandoli tutti a casa, i contadini hanno detto: «Ok, siamo qui, potete tirarci l'acqua, è ora di fare una doccia». Hanno sequestrato gli idranti e li hanno portati via.
Achille
Possiamo dire che il confronto diretto con la polizia abbia ulteriormente politicizzato il movimento? O esisteva già un rapporto conflittuale con le forze dell’ordine?
Anumeha
La gente di solito vede la polizia e i paramilitari indiani come abbastanza ostili. Diventano violenti con grande facilità. Durante il lockdown hanno picchiato la gente per strada e hanno usato ogni tipo di violenza. Allo stesso tempo, le regioni agricole del Punjab e del Haryana sono anche il terreno privilegiato di reclutamento di paramilitari, esercito e polizia. Mi chiedo cosa sia passato nelle loro menti quando hanno dovuto affrontare i membri della loro stessa famiglia e le comunità dei loro stessi villaggi.
L'agricoltura indiana è in profonda crisi da ormai trent’anni e i prezzi hanno continuato a salire. I piccoli agricoltori, che possiedono meno di due ettari di terra e formano l’86 percento dei contadini, spendono più di quello che guadagnano. Allo stesso tempo, i lavoratori migranti delle città e gli operai delle fabbriche vivono in condizioni talmente aberranti, senza alloggio né salario minimo, che anche un piccolo pezzo di terra a casa costituisce una certa sicurezza. Persino i più piccoli proprietari terrieri riescono a sostentarsi per tre o quattro mesi – è significativo che durante il lockdown i lavoratori urbani indiani siano tornati a piedi nei loro Stati di origine. C'è un attaccamento culturale alla terra, che costituisce comunque un piccolo capitale di qualche sorta. Ora, invece il governo indiano ha portato il lavoro agricolo a un livello estremo di liberalizzazione, tanto che alcuni studiosi dicono che nemmeno gli Stati Uniti hanno un mercato agricolo così liberale come quello che l'India sta proponendo. Queste leggi stanno per distruggere un'intera classe, spingendola letteralmente verso il totale annientamento.
Nayan
È un movimento inedito sotto tanti punti di vista, anche per l'India. La prima fase, durata due mesi o poco più, si è concentrata nel Punjab e ha visto l’uso di tattiche diversificate. Il Punjab ha la sua eredità storica di lotta che include scioperi, blocchi e occupazioni. Questa volta, come abbiamo già detto, si è fatto ricorso anche a nuove forme di lotta come le occupazioni di caselli autostradali, centri commerciali e così via. E la seconda fase, iniziata a novembre, si è concentrata su Delhi, generalizzandosi presto negli stati vicini e poi in tutto il paese. Nella seconda fase il movimento ha anche dimostrato di aver appreso tattiche nuove usate nelle recenti proteste in India, come quella contro il Citizenship amendment act. [Una normativa che garantisce la cittadinanza alle minoranze religiose di Afghanistan, Bangladesh e Pakistan, ma non ai musulmani - NdR].
Inizialmente è stata vista come una protesta della parte più agiata dei contadini, ricchi e di classe media. Sebbene le tre leggi fossero un problema anche per i contadini di classe inferiore, per quelli marginali e per i lavoratori senza terra, i contadini più ricchi si sono messi in prima linea nella formulazione delle richieste, conferendo al movimento più potere sociale e maggiore legittimità. Ciò ha influenzato sia la fiducia del movimento rispetto alla possibilità di affrontare effettivamente lo Stato, sia le tattiche utilizzate . C'è da tenere in considerazione anche la disuguaglianza regionale – queste aree sono più ricche rispetto a, diciamo, l'India orientale, e anche questo ha influenzato la forma e le richieste del movimento.
Un'altra cosa a cui si fa molto spesso riferimento è il movimento dei contadini negli anni Ottanta. In quel periodo, il movimento era principalmente costituito da agricoltori ricchi e la sinistra era critica nei suoi confronti perché costituiva una rottura con la precedente fase del movimento contadino degli anni Sessanta e Settanta, che aveva come slogan «terra all'agricoltore» e «ridistribuzione delle terre». Per cui i connotati del movimento dipendono anche dalla composizione sociale maggiormente colpita, il che si riflette continuamente nelle tattiche e nelle strategie utilizzate, nella sua forza e nelle sue espressioni. Abbiamo riflettuto su come gli operai siano stati massacrati dal lockdown ma non abbiano messo in atto una rivolta simile. I contadini si sono mossi con tanta convinzione: dovremmo imparare da loro.
Anumeha
Quando parliamo di quanto sia benestante il Punjab, dovremmo guardarlo in prospettiva. In India, abbiamo una cosa chiamata Central Pay Commission (commissione centrale per gli stipendi - NdR), che ha stabilito che un funzionario della categoria più bassa dovrebbe guadagnare 18.000 rupie al mese per sostenere una vita decente. Sono circa 200 euro al mese. Anche il reddito medio di un contadino del Punjab è di 18.000 rupie. Ma, in media, l'80 o il 90 percento dei lavoratori salariati in India guadagnano 8.000 o 9.000 rupie al mese, che sono 100 euro. Quindi i Punjabi stanno relativamente bene ma non così bene. Un'altra cosa importante da tenere a mente è che nel Punjab c'è un’uniformità relativa – per quanto ci sia un surplus commerciale, resta un problema di tutti il fatto che i mercati e i prezzi minimi stiano per essere aboliti.
Achille
I contadini del Punjab quindi, seppur molto stratificati al loro interno, formano una composizione relativamente agiata in via di proletarizzazione. Eppure gli stessi “agiati”, quando arrivano in Europa si trovano nella fascia più bassa del mercato del lavoro. Come si riflette questa loro condizione di classe nell’emigrazione?
Jasdeep
L’emigrazione dal Punjab si può dividere in tre categorie. I più benestanti, che magari possiedono dieci ettari di terra, emigrano in Canada o in Australia, ed è lì che crescono i loro figli. Chi possiede cinque o due ettari di terra può prendere un prestito e mandare gli uomini a lavorare in Europa o nei paesi arabi, magari con i figli, di solito irregolarmente con il visto turistico. Infine, chi possiede meno di due ettari, può migrare nelle città Indiane per lavorare nei trasporti.
Dall’altro lato, in Punjab arriva la manodopera dagli stati del Bihar e dell’Uttar Pradesh. Preferiscono il lavoro agricolo al lavoro urbano perché fanno i contadini anche a casa loro. Qui in Punjab hanno anche i loro sindacati e una sorta di salario minimo, cosa che rende questo lavoro preferibile a quello nei campi a casa loro o nelle grandi città. Lo smantellamento dei mandi sarà di ostacolo anche ai braccianti nel Punjab e nel Haryana. Quindi anche se esiste una contrapposizione tra braccianti e i contadini, in queste proteste si sono alleati perché entrambi rischiano di perdere molto. Vedono che queste leggi toglieranno la terra a più contadini, e che quando i lavoratori di casta alta entreranno nel mercato del lavoro si abbasseranno i salari.
Achille
Per noi questo discorso è molto interessante, da un lato perché vi parlo dalla Pianura Padana, una zona dell’Italia che si dice sia molto simile in termini di clima al Punjab, e i padroni agricoli assumono manodopera del Punjab non solo per il basso costo ma anche per certe conoscenze e capacità che portano nei campi e nelle fabbriche alimentari. Dall’altro lato, anche in Italia stiamo assistendo un processo analogo di declassamento dei ceti medi. Infatti anche in Italia molte delle lotte più militanti durante la pandemia non sono nate dalla classe operaia, ma da chi si considera ceto medio, soprattutto piccoli proprietari che hanno visto la chiusura delle proprie attività e hanno organizzato alcune proteste anche molto conflittuali. C’è stata una dinamica simile a quella che avete descritto, perché in piazza abbiamo visto i lavoratori che protestavano assieme ai loro datori di lavoro. Quali contraddizioni di classe vedete all’interno del movimento contadino Indiano? La mia impressione è che, dal punto di vista strategico, se il movimento ha successo e le leggi vengono richiamate si ritorna alla stessa situazione di prima, in cui esiste un conflitto di interessi tra i contadini e i braccianti.
Jasdeep
Ciò che vedo è una solidarietà contingente. Molti sindacati operai hanno preso ispirazione dai contadini e sono diventati più militanti. Certo, non vivono le stesse condizioni dei contadini. I contadini che possiedono la terra non hanno bisogno di un salario vero e proprio, ed è per questo che sono capaci di occupare le strade per periodi più lunghi. Sanno che non sarà facile e sono pronti a starci a lungo termine. Hanno l’appoggio dell’intera comunità rurale e possono fare dei turni. Supponiamo che ogni paese abbia una popolazione di 3.000 abitanti: ogni paese ha uno o due trattori impegnati nella protesta, una decina di persone vanno a protestare e per una settimana i loro campi vengono lavorati dai loro compaesani, e così via. Quando si parla di operai, di lavoro salariato, non vediamo questo stesso genere di solidarietà che si basa sulla terra.
Nayan
In realtà esistono varie contraddizioni di classe all’interno del movimento. La prima la possiamo sperimentare al livello ideologico-politico, cioè l’espressione politica del ceto medio nei vari nazionalismi regionali. Questi subnazionalismi sono esplosi con le nuovi leggi perché l’India è una federazione, ed esiste un conflitto su chi possiede il potere di far passare queste leggi: il governo nazionale o il governo regionale. Le leggi sono state approvate dallo governo nazionale, anche se in teoria non dovrebbero essere sotto la loro giurisdizione. Questa è la prima contraddizione. La seconda ha a che fare con il conflitto di classe tra il ceto medio e la classe operaia. La situazione dei contadini è cambiata molto dagli anni Ottanta. Negli anni Ottanta il movimento contadino era soprattutto un movimento di contadini ricchi, ma adesso non è così. Anzi, tutta la classe contadina sta partecipando a queste proteste. Quindi se prendi, ad esempio, uno che possiede cento ettari di terra e gli chiedi: Quale richiesta deve essere soddisfatta per farti contento? Lui ti risponderebbe: Se viene garantito il prezzo minimo di sostegno (MSP), per me va bene. Ma se poni la stessa domanda a uno che c’ha due ettari di terra, questo ti fornirebbe una serie infinita di problemi: si stanno alzando i costi degli [input], la terra rende sempre di meno, e già da prima non gli veniva garantita l’MSP. Quindi tutta la crisi agraria ed economica viene riflessa nell’espressione politica di questo individuo, anche se l’MSP rimane centrale. Noi cerchiamo di generalizzare la questione sempre di più, cerchiamo di infilarci altri aspetti, così per farci entrare diversi settori della composizione contadina. Quindi in teoria sono tre leggi, ma in realtà è come un vaso di Pandora che dischiude molte più possibilità.
Per quanto riguarda la classe operaia, essa si può dividere in due grandi parti: quella rurale e quella urbana con cui lavoro io. Anche qui, sono molto diverse le risposte. Ad esempio, qui nella zona industriale di Gurgaon-Manesar, nello stato di Haryana, i lavoratori a tempo indeterminato che guadagnano un salario relativamente alto sono in completa solidarietà con il movimento contadino, anche perché provengono da quelle stesse comunità medio-ricche, e sperimentano gli effetti della crisi agraria sulla propria pelle. Forse è per questo che hanno fatto più manifestazioni in solidarietà con i contadini che per gli interessi degli operai. Ma questa è solo una risposta. All’interno della classe operaia, gli operai più precari, a contratto, eccetera, sono molto più distanti da questo tipo di solidarietà. Certo, quando entra in campo l’equazione politica, il fatto che tutto ciò viene agito dal regime politico attuale, allora certo che le persone si uniscono. Ma non si sono ancora uniti in quanto classe.
I braccianti, per contro, hanno portato il proprio antagonismo in campo, dato che queste leggi avranno un certo effetto anche su di loro. La terza legge soprattutto, come ha già detto Anumeha, è significativa perché incide direttamente sulla distribuzione pubblica degli alimenti e sulla sicurezza e la sovranità alimentare del paese intero. Quindi negli ultimi quattro mesi anche l’attitudine dei braccianti è cambiata, e sono scesi in piazza con numeri sempre più grandi. Persino le organizzazioni contadine gli danno spazio; sempre più dicono “kisan majdoor ekta zindabad” [viva l’unità dei contadini e degli operai - NdR], e questo è un risultato della pressione dal basso. Per quanto riguarda l’affermazione autonoma della classe operaia, questo è ancora da vedersi. Solo a questo punto potrà parlarsi di vera solidarietà; i contadini lottano per se stessi, mica possono lottare anche per noi.
Achille
Mi pare che il movimento sia stato posto in termini di opposizione al governo di destra guidato dal BJP. Come dicevate, queste leggi non esistono solo per volontà ideologica del BJP, sono anche un’espressione della crisi strutturale dei profitti, del controllo politico e della devastazione ecologica. Fino a che punto questa strategia può essere portata avanti senza essere recuperata dai partiti di opposizione?
Nayan
È vero che la richiesta immediata del movimento è di tornare allo status quo, che è poco più di una profonda crisi agraria. Ma penso ci siano anche alcune tendenze importanti all’interno del movimento che non la vedono in questo modo. Il Punjab - in confronto al Haryana o al Rajasthan - ha una sua particolare storia di lotta e di radicamento della sinistra. Se parli con il Punjabi medio, il livello di politicizzazione è abbastanza alto; sarebbe capace di spiegarti che non si tratta solo di questo movimento, o di questo governo, o di Modi. Ti parlerebbero della liberalizzazione degli anni Novanta, e questo è in gran parte un risultato dell’influenza del movimento rivoluzionario in questa regione.
Quindi la prospettiva strutturale c’è, e direi che questa prospettiva faceva parte della direzione presa dal movimento, almeno fino al 26 gennaio, a cui torneremo presto. Poi ci sono altre sezioni del movimento, che per lo più non appartengono alla sinistra e al Punjab, che vogliono semplicemente tornare allo status quo. E questo si riflette nelle tattiche del movimento stesso. Ad esempio, quando i contadini sono venuti a Delhi il 26 novembre, il governo gli ha dato lo spazio in cui protestare. In pratica era poco più che una prigione a cielo aperto. Molti leader erano d’accordo con il governo, ma c’è stata talmente tanta pressione dal basso che non è stato possibile circoscrivere la protesta in questo spazio. Anche se non era previsto, i contadini hanno finito per accamparsi ai confini di Delhi, il che ha reso la protesta più efficace, dato che da lì sono riusciti a bloccare la città.
È così che possiamo capire la possibilità di un compromesso. In questo momento i dirigenti del movimento non possono tornare nei propri Stati di origine, perché il movimento ha raggiunto un picco talmente alto che anche se volessero fare un compromesso, la base non glielo permetterebbe. Questo movimento ha raggiunto un tale livello di politicizzazione che anche se le leggi venissero respinte, il governo sarebbe obbligato a garantire qualcosa in più. E questo si vede anche nell’espansione delle organizzazioni contadine che hanno raggiunto anche zone che sono al di fuori delle loro competenze.
Achille
Per finire, vorrei chiedervi del 26 gennaio, una giornata che ha visto dei livelli straordinari di conflittualità. I contadini hanno superato le barriere con i loro trattori, hanno picchiato la polizia, e hanno persino occupato la fortezza moghul del seicento, il Forte Rosso. So che esistono prospettive diverse su questi eventi all’interno del movimento. Cos’è cambiato da quel giorno?
Jasdeep
Il 26 gennaio è la Festa della Repubblica Indiana e i sindacati contadini speravano di organizzare una protesta più grande e importante di quella che aveva organizzato il governo per la Festa della Repubblica, ma il governo e la polizia hanno gestito le cose in modo che si è parlato solo dell’incursione al Forte Rosso. Inizialmente non era stato un evento importante, ma il governo lo ha messo in primo piano, ripetendo dal primo giorno la stessa linea: il movimento è stato organizzato da una manciata di Sikh radicali che vogliono solo la violenza. Quel giorno alcuni esponenti del movimento hanno dato l’opportunità al governo di contrattaccare; una ventina di persone sono state arrestate, una è anche morta. Ma il movimento è riuscito a riprendersi dopo un paio di giorni, ed è tornato agli stessi livelli di prima. Quella sezione del movimento che voleva una protesta più clamorosa e conflittuale adesso è sulla difensiva. Adesso i dirigenti del movimento sanno che per affrontare il governo dobbiamo essere il meno violenti possibili, e dobbiamo raggiungere il livello nazionale. Certamente il 26 ha dato una scossa al governo: hanno assalito il movimento, hanno provato a spezzarlo, hanno fatto denunce, e così via. Adesso il governo ha iniziato ad organizzare riunioni con i sindacati, ma probabilmente ci vorrà più tempo, almeno fino a maggio o ottobre. Ci saranno le elezioni, in Bengala e in molti altri Stati e i partiti devono anche considerare questo.
Anumeha
Il movimento è molto forte e creativo, ma Jasdeep e io non siamo completamente d’accordo sulla questione del 26 Gennaio, forse perché lui è più organico al movimento e deve soffrirne le conseguenze, mentre noi siamo più come degli spettatori. Ho parlato con alcuni operai che hanno partecipato alla manifestazione del 26 gennaio e non hanno visto la violenza come una sorta di aberrazione. Anzi, l’hanno trovata spettacolare. Forse pensano che questo è l’unico modo per rispondere al governo, quando la protesta pacifica non è più possibile. C’è gente che dice che il governo ha manipolato gli eventi, ma sembra abbastanza chiaro che il governo ha completamente perso il controllo. Per diverse ore non volevano neanche ammettere che il Forte Rosso fosse stato occupato. I contadini sono rimasti lì dentro tutta la notte, penso ci sia un’antica leggenda Sikh che racconta dell’occupazione di questo Forte 200 o 300 anni fa. C’è stata una mancanza assoluta di controllo, il governo ha rilasciato video della polizia che veniva picchiata. Non è una cosa da poco per un governo del genere.
Non so come andrà a finire, ma dai video sembra che il movimento continui ad espandersi in altre regioni, e la gente è molto creativa e disciplinata. Ci vuole molta forza a lasciare la propria casa e vivere così. I contadini più ricchi non riescono a stare in strada per così tanto tempo: immagina lo stato dei bagni, il freddo estremo. Anche in termini di composizione di classe, non sono i contadini abituati bene a stare in prima linea.