Il razzismo dell'accoglienza e lo stato di emergenza
Spesso il circuito Sprar viene identificato come la faccia positiva del sistema d'accoglienza. Questa intervista ci consente però di vedere come anche quella che a sinistra viene generalmente indicata come la buona accoglienza riproduca l'inferiorizzazione e la razzializzazione dei e delle migranti. La crisi sanitaria ha esasperato questo aspetto del sistema e reso palese la sua organicità al più ampio governo delle migrazioni. Come si evince dall'intervista, il mandato che le Istituzioni committenti hanno indicato agli operatori e alle operatrici del settore in seguito all'esplosione della crisi epidemica è quello di sorvegliare la popolazione migrante che hanno in carico. Pratica evidentemente discriminatoria che lascia intravedere il radicato razzismo istituzionale degli apparati di Stato e che ci ricorda come l'applicazione dello Stato di emergenza sia differenziato lungo linee di genere, classe e razza. Va sottolineato che inferiorizzazione e razzializzazione non sono fenomeni esclusivi del settore dell'accoglienza ma riguardano complessivamente quella che abbiamo chiamato industria del sociale. L'altro elemento interessante di questa intervista è la definizione di servizio essenziale. Come spiega bene l'operatrice solo pochissimi aspetti del suo lavoro possono essere considerati davvero essenziali e quindi non possono essere interrotti dal lockdown, molti altri invece sono superflui. Si può dunque pensare che i servizi di accoglienza siano stati inseriti tra quelli essenziali esclusivamente per consentire all'Istituzione di sorvegliare la popolazione migrante. Di nuovo l'inferiorizzazione dell' “utente” migrante è contemporaneamente causa e conseguenza del suo controllo. Un altro aspetto rilevante dell'intervista che presentiamo sono le forme latenti di rifiuto che si sono attivate in questa contingenza e che riguardano proprio la funzione di controllo che l'Istituzione vorrebbe attribuire agli operatori e alle operatrici e che devono scontrarsi con un sistema di deresponsabilizzazione politica che complica l'individuazione della controparte. Rifiuti che da un lato esprimono una sorta di negazione rispetto ai tratti più problematici del proprio ruolo e dall'altro invece una maggiore identificazione con gli aspetti ritenuti positivi.