Le geografie del capitalismo razziale

Le geografie del capitalismo razziale

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Un recente intervento di Ruth Wilson Gilmore sulle geografie del capitalismo razziale.

Tra le più stimolanti voci dell'antirazzismo critico contemporaneo, Ruth Wilson Gilmore è una geografa e militante abolizionista che ha concentrato il suo lavoro politico e intellettuale sullo studio del complesso carcerario-industriale e sui processi di criminalizzazione e incarcerazione di massa della popolazione afroamericana negli Stai uniti.

Riportiamo qui di seguito uno stralcio da un suo recente intervento sulle geografie del capitalismo razziale. Qui il video integrale.

Il capitalismo ha bisogno di disuguaglianza e il razzismo la garantisce. […]. Il capitalismo razziale, che è la forma stessa del capitalismo, non è una cosa ma una relazione. Se guardiamo alla sua storia possiamo oggi riconoscere come pratica razziale la percezione, da parte di chi possedeva i mezzi di produzione, di una differenza rispetto a chi lavorava ed era sfruttato. In questo senso, il capitalismo è fin dai suoi albori razziale e la sua eredità, il suo costante prodursi e riprodursi, continua a dipendere dalla pratica di costruire gerarchie razziali. Questo è un altro modo per dire che non possiamo distruggere il razzismo senza distruggere il capitalismo. [....] La schiavitù e la tratta degli schiavi non hanno avuto inizio quando alcuni, poi divenuti noti come europei, hanno incontrato altri, poi divenuti noti come africani, e li hanno catturati. Il razzismo non si è mai limitato all’esperienza della schiavitù africana, dovremmo piuttosto prendere più seriamente in considerazione che la schiavitù intra-europea è una delle forze che ha plasmato il mondo moderno. I fondamenti del capitalismo razziale e dell'organizzazione sociale in Europa occidentale durante l'ascesa del capitalismo non hanno nulla a che vedere con l'Africa, l'Asia, il Nord America e il Sud America, ma hanno a che fare con ciò che accadeva qui in Europa tra persone i cui discendenti oggi sono forse tutti diventati bianchi. Questa è la lezione più importante del capitalismo razziale. E perché è importante? Perché il capitalismo non smetterebbe di essere razziale se tutti i bianchi scomparissero. Il capitalismo ha bisogno di disuguaglianza e il razzismo la garantisce. Ha iniziato a essere razziale senza riferimento a ciò che oggi si intende per razza, ovvero i neri e continuerebbe ad essere razziale anche senza riferimento a ciò che oggi si intende per non-razza, ovvero i bianchi.

Mi interesso dell'espansione di criminalizzazione e incarcerazioni di masse negli Stati Uniti e del diffondersi di questi processi nel mondo capitalistico. Mi chiedo perché, come è successo, e cosa possiamo fare per interromperli. Per questo, mi sono data il compito di comprendere cos’è successo in California verso la metà degli anni Settanta, quando sarebbero potute emergere molteplici soluzione per gestire un surplus di manodopera, e cosa è poi effettivamente successo a partire dai primi anni Ottanta, quando la California ha iniziato a costruire prigioni una dopo l’altra, invece di costruire università, fabbriche, alloggi per veterani, o parchi, musei o qualsiasi altra cosa. A mio avviso, dunque, le prigioni, hanno il preciso compito di gestire, concentrandolo, il surplus di manodopera. Mi sono anche chiesta come fanno élite locali, relativamente potenti, ad usare lo Stato per ottenere ciò che vogliono. Questo ci riporta alla questione della criminalizzazione: è necessario che ci sia un flusso costante di criminali, di persone che possono essere considerate tali. Il numero di criminali deve crescere nel tempo, le pene devono essere più lunghe, la lista dei comportamenti considerati illegali deve ampliarsi [...] in questo modo, la categoria di criminale che è alla base del complesso carcerario-industriale può autoriprodursi. Il rapporto che esiste tra criminalizzazione e incarcerazione di massa da una parte e schiavitù dall’altra è per certi versi molto generale e ha a che fare con la privazione della libertà. Per altri versi mostra come l'ordine razziale fondato negli Stati Uniti sulla schiavitù e sul genocidio non abbia mai smesso di riprodursi nel tempo.

[…] Ma come mai la California ha smesso di costruire prigioni dopo averne costruito e aperte di nuove ogni anno, per 23 anni? La risposta è che è stato l’abolizionismo! Ogni lotta di liberazione è riferita a un luogo. Le dimensioni di scala potrebbero essere molto diverse tra una e l’altra. Ogni lotta di liberazione è specifica a certi bisogni ed ha dimensioni sue proprie che si definiscono in relazione alle persone coinvolte. Bisogna fare molta attenzione ai molteplici fattori, luoghi e processi istituzionali attraverso i quali le persone prendono coscienza della lotta di liberazione. È una forma di solidarietà che costruisce solidarietà, e la solidarietà è qualcosa che si fa, si rifà e si rifà ancora, non è mai data. Io penso alla lotta di liberazione nei termini di una dipendenza radicale.

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