Prosegue la nostra inchiesta nell'industria della sanità italiana con un'intervista di Achille Marotta a una infermiera in Lombardia
Che tipo di professione esercita, dove e in che tipo di struttura?
Sono un’infermiera. Lavoro a Milano da vent’anni, ma i primi vent’anni di servizio ho lavorato in Liguria.
Come mai ha scelto di lavorare nella sanità pubblica?
In realtà, non è stata una mia scelta lavorare nel pubblico. Mi sono iscritta alla scuola perché mi è sempre piaciuto questo tipo di mestiere. Una volta diplomata mi hanno subito assunto per necessità e allora ho cominciato a lavorare.
Intervista a Christian Marazzi a cura di Giuseppe Molinari e Salvatore Cominu
La contingenza attuale è uno snodo importante della storia: mentre accelerano i processi di ristrutturazione, l’emergenza sanitaria fa emergere con forza le fragilità dell’impalcatura sui cui si basa il dominio capitalistico e lascerà impressi profondi segni nel tessuto sociale e nelle soggettività. Consci del fatto che probabilmente è prematuro delineare tendenze di lungo corso, abbiamo approfondito alcune questioni con Christian Marazzi.
Jun Fujita Hirose ci racconta la gestione giapponese del coronavirus inscritta nelle politiche per le Olimpiadi, ricordandoci che l'alternativa tra ristrutturazione capitalistica e trasformazione radicale è ancora tutta aperta
Molti giapponesi vivono da due mesi un rapporto ambivalente con il coronavirus. Certo ne hanno paura ma al contempo si alleano segretamente con lui. Quest’alleanza sotterranea si produce dinanzi all’attuale governo giapponese, considerato quasi unanimemente come il governo più manifestamente corrotto e nocivo della storia giapponese dopo la seconda guerra mondiale.
Bruno Cava analizza la crisi a partire da San Paolo e dal contesto brasiliano
Chiunque nuoti nell’oceano conosce il rischio di essere sorpreso in un cambiamento della condizione del mare. Improvvisamente, le acque si agitano e le onde crescono in modo spaventoso. Il nuotatore esperto sa che è inutile combattere la corrente. Cercare di raggiungere la spiaggia il più velocemente possibile può essere la strada più diretta verso la morte, soprattutto se le onde enormi lo sovrastano. È meglio voltare le spalle alla riva e tuffarsi nella direzione delle onde per superarle prima che si infrangano. Chi ci è passato conosce il paradosso. Dopo aver vinto la prima ondata, bisogna prepararsi per la successiva, solo che ora si è ancora più lontani dalla fuga. Più onde si infrangono, più ci si getta nel fondo ignoto, sperando di trovare una condizione meno distruttiva.
Contributo della redazione di Antudo.info su trasformazioni della forma-Stato e questione dei territori meridionali ai tempi della pandemia
L’epidemia è “precipitata” sulla questione istituzionale, sulla forma dello Stato, tanto quanto ha impattato e impatterà l’economia. Non si tratta solo di vedere se, come e quanto “lo stato di eccezione” che l’epidemia ha imposto durerà e modificherà la democrazia rappresentativa – nei fatti, la politica dei partiti sembra al momento “in quarantena”, mentre le decisioni sono sostanzialmente assunte dal Governo che decreta “in nome della nazione”. Si tratta invece di capire, nello specifico, come l’epidemia abbia modificato i termini della crisi istituzionale provocata dalla richiesta di “autonomia differenziata” di alcune regioni. Ci riferiamo al tentativo di trasformazione costituzionale portato avanti – secondo le proprie necessità – dai gruppi di potere egemoni in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, un vero e proprio decentramento di poteri, una regionalizzazione dello Stato.
Testimonianze raccolte nella provincia emiliana da Kamo Modena
«Ho letto dei post strappalacrime con tanto di chiamata alle armi di Fiom e compagnia bella, ma poi loro dove sono? Prima hanno fatto un accordo CRIMINALE con Confindustria dove ci hanno mandato al macello. Poi a Rsu e Rsl in pratica hanno detto: pensateci voi a trattare con l’azienda, e fate del vostro meglio. Peccato che nel 95 per cento delle aziende non c’è potere contrattuale, figurarsi senza sindacato esterno… Ora dopo aver festeggiato il “grande accordo” che “chiudeva tutto” – tutto e niente, sarebbe meglio dire – dopo la telefonata di Confindustria salta fuori che fino a mercoledì si lavora, hanno allargato la lista delle produzioni “essenziali”, già ci sono i primi passi indietro… e a sto punto non si chiuderà mai.
Ma qui viene il bello: oggi, con le aziende quasi tutte aperte, molte cercano volontari, ripeto, volontari, per non fermare la produzione e i magazzini! Quindi tutte fanno quel cazzo che gli pare! Le Rsu sono sulle barricate, da una parte giustamente offese e attaccate dai lavoratori, dall’altra non considerate minimamente dalle aziende.
ArticolArticolo di Andrea Rinaldi sulle condizioni di lavoro dei rider ai tempi della pandemia
Girano le ruote della bicicletta nel centro di Bologna, desertica e silenziosa, c’è un hamburger gourmet da consegnare, anche con una pandemia in corso la città del cibo non si può fermare. Sarebbe quasi da invidiare la possibilità di morire da eroe, salvando la vita a qualche sconosciuto, peccato che in bici con la zaino di Deliveroo si rischia la vita giusto per togliere qualche sconosciuto dall’impiccio di cucinare la cena, neanche la gioia di essere indispensabile.
Mentre giungono le prime notizie sulle rivolte nello Hubei contro le permanenti restrizioni imposte dal governo, pubblichiamo una testimonianza a nome Gustav (ripresa da Wildcat) su che cosa ha concretamente significato a Wuhan quel “modello cinese” che in Italia è preso a riferimento dagli organi politici e di informazione. Con questo testo continuiamo la nostra panoramica internazionale, mettendo in evidenza aspetti differenti e contraddittori della crisi in corso.
Con questo articolo scritto da una infermiera dell'Emilia Romagna avviamo un'inchiesta all'interno dell'industria della sanità italiana sulle forme di lavoro e di organizzazione produttiva a partire dalla situazione di crisi e di emergenza
Quelli della sanità non sono lavoratori usa e getta, come le mascherine.
Come si può lavorare con un solo giorno di risposo a settimana?
Come si può lavorare senza una protezione adeguata?
Come si può lavorare senza sapere se si è positivi o no al virus, rischiando così di contagiare i pazienti sul posto di lavoro e anche i propri familiari una volta tornati a casa?
Intervista sull’emergenza a Ugo Mattei - di Julia Page
L’emergenza Coronavirus ci ha sicuramente messo davanti ad uno scenario inedito. Tuttavia, la sua eccezionalità non sta tanto nella sua dimensione “emergenziale” - dispositivo, quello dello stato d’emergenza, ormai rodato da diversi anni in Occidente, tra terrorismo, terremoti ecc. - quanto piuttosto nel suo carattere sanitario. Questa peculiarità sembra aver fatto sì che l’asse del discorso si sia spostato tutto dal piano politico a quello scientifico, con la conseguente assunzione, da parte delle istituzioni dell’industria tecnoscientifica - incarnate nell’OMS o nella Protezione Civile italiana - di un ruolo immediatamente politico. E l’eliminazione del dato politico dall’equazione, con uno schiacciamento sull’approccio scientifico, fa sì che i processi di individualizzazione della popolazione vengano sempre più esacerbati in chiave di “colpa” e responsabilità: un po’ come accade con il discorso ambientalista, il nemico non è più individuato verticalmente, ma orizzontalmente. E così, nemico è il runner, il vicino che non sta in casa, e - procedendo per analogia - chi non fa la raccolta differenziata. Il dominio della Scienza, poi, sembra aver esasperato anche un altro aspetto, che è quello che interessa il binomio Libertà/Sicurezza: se nell’ordine del discorso capitalistico tanto l’una quanto l’altra assumono il carattere di merce, l’emergenza Coronavirus sembra aver generato la situazione paradossale in cui tutti finiscono per prediligere la merce-sicurezza rispetto alla merce-libertà.