Articoli

Fenomenologia dell’operaio digitale ai tempi dello smartworking

connection
di Flavio Pintarelli
Perché in alcuni settori l’introduzione del lavoro da remoto é stata avversata dal padronato e ricercata dai lavoratori? La remotizzazione del lavoro può aprire un nuovo spazio per il conflitto attorno all’autonomia del lavoro? Flavio Pintarelli prova ad argomentare una risposta a queste domande a partire da un’osservazione inchiestante in una pmi del settore del marketing e delle telecomunicazioni.

Dimissioni o rifiuto? Il nuovo veto del lavoro

hiring
Articolo di Andrew Ross sulla “grande fuga” dal lavoro negli Usa
Andrew Ross è professore della New York University. È autore o curatore di più di venticinque libri, tra cui, recentemente, Sunbelt Blues: The Failure of American Housing (Macmillan, 2021). In italiano è stato pubblicato Creditocrazia e il rifiuto del debito illegittimo (Ombre Corte 2015). In questo articolo, che ha scritto per Commonware, approfondisce la grande “epidemia” di dimissioni volontarie che sta movimentando determinati ma vasti settori del mondo del lavoro negli Stati Uniti, interessato da un'ondata di scioperi mossi da una "consapevolezza" pandemica (il ruolo necessario dei lavoratori nel funzionamento della società) e da aspirazioni postpandemiche (crescita, consumi, tempo). Questi scioperi sono stati accolti positivamente dal presidente Biden che vuole farne un motore del suo piano di rilancio capitalistico “green” il quale passa attraverso la ridefinizione di un nuovo patto sociale che a sua volta include il “riaddomesticamento” politico delle grandi corporation. Questa “grande fuga” che, in diverse e proporzionate forme, si può scorgere anche in Italia è una pista da seguire per indagare le trasformazioni delle soggettività messe al lavoro e delle loro forme di rifiuto; per determinare spazi di ambivalenza e possibili tendenze.
Etichette

Resignation or Refusal? The New Labor Veto

hiring
Andrew Ross discusses the new refusal of work in the USA
A new specter is haunting rich countries—the specter of an acute labor shortage. In the pandemic’s wake, all across Europe and North America, employers are pulling out their hair because they can’t find the workers they need. Recruiting and retention, they say, is most difficult in blue-collar and manual labor service jobs.
Etichette

Spettri dell'università: organizzarsi con chi non la frequenta

palazzo periferia
Recensione di M. Romito, First-generation students. Essere i primi in famiglia a frequentare l'università, Carocci, Roma 2021
Nel testo First-generation students, Marco Romito conduce un'interessante indagine qualitativa sugli studenti e sulle studentesse che, come recita il sottotitolo, sono i primi in famiglia a frequentare l'università. È possibile piegare in senso antagonista le loro aspirazioni all'inclusione dentro le gerarchie sociali? L'università è l'unico terreno di organizzazione e contro-soggettivazione?

I riders vogliono il contratto?

box
Note di un'inchiesta di Andrea Rinaldi
Queste note nascono da uno sguardo interno alla variegata composizione dei riders che è molto diversa dall'immagine descritta dai principali media mainstream e da quella raccontata dalle narrazioni sindacali. Quello utilizzato in questo articolo è anche uno sguardo militante cioè non ideologico e attento ad individuare blocchi e possibilità delle soggettività sul campo. La domanda, richiamata nel titolo, attorno a cui il testo ragiona è certamente controituitiva e solleva dei dubbi sulla principale rivendicazione promossa dai sindacati e dai gruppi di movimento.
Etichette

Il dito e la luna. Considerazioni su Green Pass, libertà e prospettiva

luna
Dai No Mask di settembre e No Lockdown di novembre, ai IoApro di aprile e No Green Pass di luglio: continuità e discontinuità si alternano nelle mobilitazioni e nelle piazze intorno cui impazza un furioso dibattito, che vede il fronte del Sì e quello del No confrontarsi intorno allo spinoso tema della “libertà”. Ma è proprio seguendole nella loro processualità e osservandole dall’interno, tutte queste piazze, che viene da chiedersi: di che libertà stiamo parlando? Di quale composizione è espressione? Che spazi di ambivalenza sono (ancora) presenti? E soprattutto: vale la pena continuare a parlare di Green Pass mentre il capitale ha già iniziato a ristrutturarsi e riorganizzarsi in avanti? Un articolo di Julia Page affronta la questione sul terreno dell’inchiesta e della prospettiva militante.

Il genere tra gestione della vittimità e specificità di potenziale conflitto

,
di Valeria Marzio
Sono una militante politica e vorrei raccontare qualcosa che mi è capitato di osservare negli ultimi tempi nella città di Bologna. Qualcosa che non avevo mai visto e che mi ha stupito: un militante dovrebbe infatti essere curioso e lasciarsi stupire dalla realtà in cui è collocato. Viceversa mi trovo spesso in un ambiente dove tutti dicono come gestire le cose che succedono, perciò, visto che è nel mondo che si assumono rischi e si prova l’insicurezza guardandolo in faccia, ho deciso di non avere come referente di questo racconto quegli ambienti apparentemente sicuri da cui io stessa provengo e di  fornire a chi legge delle ipotesi parziali, degli spunti di controtendenza, chissà che certe cose non possano anche andare oltre i confini di questa città

Un punto di vista "autonomo" dalle fabbriche

operaio
Intervista a un operaio a cura di Kamo Modena ripresa dall’omonimo blog
Quella che segue è una chiacchierata che abbiamo fatto con un lavoratore di un’azienda metalmeccanica della nostra città. Una specie di “carotaggio atipico” su quello che si muove nelle fabbriche e nella composizione operaia “tradizionale” che per la maggiore caratterizza il nostro territorio. Il nostro interlocutore è una figura mediana, politicizzata, che incorpora saperi e attitudini sedimentati dalla vicinanza o partecipazione a cicli di lotta ed esperienze politiche esauriti, ma che al contempo non è inquadrata in percorsi all’interno di sindacati, organizzazioni partitiche o strutture specifiche. Proprio per questo ci ha interessato la “sua versione” liminale, che evita da una parte quella distanza ideologica o quei filtri (sia “politicisti” che “sindacalisti”) che spesso dividono l’attivista, il delegato o il funzionario da uno sguardo lucido sul livello di massa, e dall’altra quell’aderenza al punto di vista dell’interesse generale che è il senso comune delle classi dominanti. Crediamo che queste parole possano essere utili per approfondire un’analisi di fase e di tendenza oltre gli slogan e le semplificazioni, per “misurare la temperatura” in determinati settori e per dare un punto di vista alternativo – o elementi per un ragionamento – rispetto alla questione della lotta di classe nel suo rapporto con la sindacalizzazione del conflitto. Buona lettura.

Kisan. Intervista sul movimento contadino in India

a
Intervista ad Anumeha Yadav, Jasdeep Singh e Nayan Jyoti sulle proteste agricole indiane. A cura di Achille Marotta.
Da oltre quattro mesi, mezzo milione di contadini e braccianti hanno messo Nuova Delhi sotto assedio. Protestano contro tre nuove leggi che vogliono ristrutturare il settore agricolo, proletarizzare milioni di piccoli proprietari terrieri e mettere l'agricoltura sotto il controllo diretto delle multinazionali. Ne abbiamo parlato con tre compagni provenienti da diverse zone dell’India, non tanto per interesse intellettuale o per una solidarietà astratta ma per ragioni direttamente politiche. Per quanto possa essere diverso il contesto, il movimento offre una serie di spunti come la proletarizzazione del ceto medio e le proteste «spurie» contenenti differenti interessi di classe, che riguardano anche noi in Europa. In particolare ci interessa il fatto che l’Italia sia la prima destinazione nell’UE dell’emigrazione dal Punjab, lo Stato dell’India che ha fatto da origine e perno di questo movimento. Negli ultimi mesi in Italia si sono viste infatti diverse piccole mobilitazioni da parte di Punjabi di prima e seconda generazione, fatto di non poca importanza visto che i Punjabi formano una forza lavoro razzializzata all’interno di certe industrie chiave dell’agroalimentare (si stima ad esempio che il 60% degli operai dell’industria casearia che in Emilia produce il parmigiano siano di questa estrazione). Speriamo quindi che questa intervista possa contribuire non solo a fornire un’immagine delle ristrutturazioni in atto nell’agricoltura mondiale, ma anche a una comprensione della soggettività politica di una fetta importante della composizione di classe italiana.

Al di là del «depressismo». Sulla condizione giovanile

a
Intervista a D.M. sulle stratificazioni interne alla composizione giovanile
Comprendere per organizzare, organizzare per comprendere è questa la cifra della conricerca. In questo senso l’intervista a D.M. (militante, classe 99) che presentiamo cerca di dare concretezza al primo di questi due movimenti. Comprendere cosa sta succedendo tra i giovani è di una fondamentale importanza politica, soprattutto in tempi in cui i tradizionali circuiti militanti non riescono più ad organizzare questo indispensabile pezzo di composizione sociale e la pandemia ne sta ridisegnando le forme di vita. L’intervista, che va soprattutto apprezzata non tanto perché parla un giovane in quanto tale ma perché parla un militante che è in grado di valorizzare in termini di analisi politica la sua determinata collocazione sociale (capacità rarissima e preziosissima) avverte di non pensare i giovani come un blocco sociale omogeneo. Al suo interno le stratificazioni sono molte e importanti e bisogna tenerne conto se la domanda a cui vogliamo rispondere é: qual è il soggetto che può organizzarsi per una politica della rottura?
Etichette